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14 mar 2010: il ratto delle giumente dei monti

Ricevo da Peppone e pubblico volentieri
la cronaca di una giornata di ladri di cavalli:

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Ragazzi, che giornata!

Viste anche le defezioni di soci che hanno preferito o andare a suonare in altre città (Giovanni) o in vacanza in Marocco (Roberto) o farsi condizionare dai programmi della consorte (Renato e il suo fido Giò) o a pranzo con la sempre più anziana quinta “C” (Paola), sembrava che questa gita del 14 marzo a Sorasengi fosse destinata a lasciare solo tracce sottotono.

La convizione aumentava, nonostante avessi trovato il cancello aperto da Caino, il quale, sia pure a malincuore, rispondeva anche al mio saluto.

Diventava tutto certezza quando una volta arrivato alla malga vedevo il nostro Gianni “l’apostolo” che armeggiava con trapano e scalpello intorno alla sua orrenda scultura.

Ma soprattutto quando tutte le fatiche dell’impasto della nostra mamma “con i baffi” e la conseguente produzione di bigoli, che magicamente uscivano belli e vigorosi dalla sua “vecchia chitarra”, venivano vanificate dalla commistione dei medesimi con un sugo “slacquarisso” cucinato svogliatamente dal nostro capo la sera prima.

Già a tavola però si intravedeva una svolta e si faceva notare chi pontificava sull’uso della forchetta a tavola, chi sull’uso dello stuzzicadenti, chi faceva dichiarazioni d’amore regolarmente rifiutate e chi invece ci riusciva a metà, chi raccontava che sua mamma preferiva una femmina e suo padre un maschio ma che era nato lui.

Così, ecco, forse, per lo smodato consumo di vino e grappa, sono iniziati  letteralmente i fuochi (vedere le foto qui e qui per credere).

E dopo i fuochi ecco arrivare il pezzo forte della giornata: “IL RATTO DELLE GIUMENTE” (Ndr: non è il topo degli equini).

Il nostro capo, con la scusa che queste due povere cavalle lordavano il suo terreno con innumerevoli “pettolotti” (confermo), che rovinavano il prato mangiando i germogli dell’erba, che non erano di sua proprietà, ci ha costretti a rincorrerle per tutto il monte Baldo. E alla fine con una tattica di accerchiamento da lui studiata sui trattati  di guerra di Carlo Magno siamo riusciti a spingere le povere bestie nella stalla delle vacche.

Un brivido è corso lungo la nostra schiena quando mentre cercavamo di ostruire l’ ingresso della stalla con tavole di fortuna, qualcuno ha gridato “Fermi, fermi, ghè gli Ussi!!”. In realtà poi gli ussi si sono rivelati essere le  due ante della porta della stalla, cioè gli “usci”, pronunciati alla caprinese. Che sollievo!!!!

Prossimo appuntamento a Pasquetta con menù: risotto agli asparagi, “ovi duri”, salame, formaggio, vino, colomba, frutta, caffè, grappa.

A presto.

Firmato
La spalla destra del capo.

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PS:devo aggiungerlo qui per via del link che non posso mettere nelle repliche.

Quei poveri cavallini sono stati messi dove c’era la vacca cagona.
Ma poverini… Vorrei vedere voi in mezzo a tutta quella cacca.
Che vita di merda….
-> Giovanni

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